Dalla finestra di "casa" |
Non siamo più gli stessi che
atterrarono ad Auckland il 23 agosto scorso, né tanto meno abbiamo addosso i sorrisi beati di quando lasciavamo l'aeroporto di Linate l'11 ottobre del
2011, con gli zaini che scoppiavano d'entusiasmo. Adesso gli
scoppiati siamo noi: siamo stanchi, lo dobbiamo ammettere a noi
stessi. Non stanchi di viaggiare, di vedere colori mai visti prima,
di imparare lingue diverse o di scoprire gente straniera. Siamo
stanchi di...
“Ma tu sei stanca?” chiedo a Laura,
improvvisamente incerto se parlare anche a nome suo.
“In che senso?”
“Stanca di viaggiare intendo.”
“Di viaggiare?”
Ci pensa. Poi dice: “Non sono stanca
di viaggiare, sono stanca di... Rattoppare.”
Rende l'idea. Rattoppare come
accontentarci sempre, fare i salti mortali per risparmiare un euro,
perché ogni euro risparmiato allontana di un'ora la fine di questo
viaggio. E questo comporta una dose di scomodità, frustrazione e
rinuncia che va attentamente bilanciata con il nostro stato d'animo e
la nostra condizione fisica, per non perdere il senso di tutto. E nel
pensare a questo mi rendo conto di non aver mai avuto tanti acciacchi
come ora in vita mia, a cominciare da questo mal di schiena pungente
e continuo, forse dovuto al tanto guidare. Forse.
Nella quiete della biblioteca di Wanaka
aggiorniamo e stampiamo una decina di copie dei nostri curriculum. In
poche ore battiamo tutti i bar e ristoranti: molti dicono no, perché
la stagione è in declino, qualcuno dice forse, e prende il
curriculum con la promessa di farci sapere. Laura fa una prova in un
bar per un posto al bancone. Mentre lei cerca di fare un cappuccino
decente, con la schiumetta e tutto, io parlo con lo chef di un
ristorante, ma non riesco proprio a rendermi accattivante. Se mi
guardo da fuori vedo uno straccio da pavimenti usato da tutti e due i
lati.
Nessuno di noi due ottiene nulla di
concreto, solo i classici “Le faremo sapere.” Lo sappiamo che non
sempre si può trovare un lavoro in un'ora, che basta aspettare un paio di
giorni e l'occasione arriverà. Ma ci riesce difficile lo stesso
crederci.
La soluzione arriva, ma in modo
imprevisto. Fuori dal giro della ristorazione, un po' per caso e un
po' per una nostra intuizione (non so ancora se fortunata). Nel bagno
del campeggio in cui passiamo la nostra prima notte,
attaccato alla parete un cartello dice: “Cercasi una persona o una
coppia per mantenere pulito e ordinato questo campeggio. Chiedere di
Glenn in ufficio.” perché non tentare? Magari il lavoro non sarà
un gran che, ma il posto è bellissimo. A sei chilometri dal centro,
proprio sulla riva del lago nel punto in cui diventa fiume. Che
importa se c'è da fare le pulizie, se si può vivere qui? E poi,
basta cucine. Basta ritmi stressanti e cuochi nervosi, in
competizione continua.
Alla fine salta fuori che pagano anche
meglio che nei ristoranti. Due dollari in più all'ora rispetto al
Landing, che nel frattempo mi ha offerto un lavoro che lascerò dopo
due sole serate. Accettiamo il lavoro, con l'intenzione di farne la
mia principale occupazione, mentre Laura (meno acciaccata di me)
cercherà un altro lavoro per la sera. Lo troverà da Francesca's, il
ristorante italiano e pizzeria della città.
Il lavoro qui al campeggio consiste nel
pulire i bagni e la cucina, e di solito io e Laura lo facciamo
insieme. Ci toccano poi alcune ore di giardinaggio in cambio
dell'alloggio (che poi è una roulotte vecchia di trent'anni, ma con
vista panoramica). I nostri diretti superiori sono Vicky e James, una
coppia di sessantenni che circa un anno fa ha deciso di vendere casa
e di comprare un bus, nel quale vivono un po' qua e un po' là a
seconda delle stagioni. Sono un po' pedanti, ma simpatici.
Abbiamo un lavoro e una casa a Wanaka, nel più bello dei posti, ma se
fosse per noi partiremmo subito per l'Asia. Andremmo a riposare e passeggiare a passo di turista: ogni giorno un pasto caldo seduti a
un tavolo, ogni notte un letto dalle lenzuola fresche. Perché
sentiamo di essere vicini a perderlo quell'equilibrio, e se la
frustrazione supera il piacere di essere dove siamo, allora esserci
non ha più senso.
Ma non vogliamo tornare a casa, non è
ancora il momento. E allora sì, ci serve un lavoro, perché il
nostro conto neozelandese langue e il cambio con l'Euro è
svantaggioso. Ne discutiamo a lungo, Laura e io, e sembra proprio che
non ci sia scelta. Dobbiamo tenere duro ancora un po'.
La "casa" |
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