Andata. Anche più velocemente di com'è
arrivata. Forse la burocrazia italiana un senso ce l'ha: serve a
darti il tempo di elaborare il lutto.
L'appuntamento è alle cinque nel
parcheggio del supermercato New World con un certo Mac, sentito per
telefono e poi via SMS. Siamo già d'accordo sul prezzo ma non voglio
illudermi troppo, soprattutto dopo le recenti avventure (prima con un
cinese che rideva di continuo ed ha voluto provare la macchina,
rischiando tre incidenti per poi dire “Ci penserò”; poi con un
tale che non si è presentato, non ha avvisato e non ha più risposto
alle mie telefonate).
Invece Mac si presenta, insieme a due
amici suoi. Tre neozelandesi fatti e finiti, poco più che ventenni,
easy nella loro sciatteria ostentata da californiani caduti in
disgrazia. Mac indossa pantaloncini cortissimi e una canottiera, ai
piedi un paio di Espadrillas e calzini a mezzo stinco (di quelli che
noi italiani vediamo indossare agli anziani sui campi da bocce). Gli
altri due, corporatura da rugbisti, vestono allo stesso modo ma sono
scalzi.
Propongo di spostarci in un luogo più
tranquillo e saliamo tutti in macchina. All'improvviso mi sento
disorientato: avrei mai fatto una mossa del genere in America Latina?
Io da solo con quei tre? È incredibile come le abitudini e le
attitudini verso gli altri cambino radicalmente a seconda del
contesto sociale. Nemmeno in Italia, forse, mi sarei messo in questa
situazione. Invece qui mi è sembrato, ed è, assolutamente naturale.
Mi fermo in un altro parcheggio, questa
volta deserto, a pochi minuti dal New World. I ragazzi scendono e Mac
mi chiede di aprire il cofano. Temo già domande del tipo: Ma, questo
tubo penzolante? Oppure: Ogni quanto tempo devi rabboccare il liquido
del radiatore? Ma i sei occhi sorvolano soltanto la poderosa
ferraglia marchiata Toyota. Mac scalpita per chiudere l'affare e
andare a farsi un giro coi suoi amici. Mi dice che è riuscito a
racimolare la somma, ma gli mancano 10 dollari. “Oggi le banche
sono chiuse e lui” dice indicando l'amico più grosso “oggi è la
mia banca.” L'amico grosso mi porge una mazzetta di banconote. “Non
c'è problema per i dieci dollari” dico io, che ancora non ci
credo. Mac non lo sa, ma io glie l'avrei anche regalata pur di
liberarmene.
Firmiamo un contratto di compravendita
e compiliamo i moduli per il passaggio di proprietà. Il tutto sarà
durato meno di dieci minuti. “Check it out!” dice Mac ai suoi
amici, voce entusiasta e sorriso felice. I tre salgono in macchina e
Mac mette in moto.
E io rimango lì, in mezzo al
parcheggio deserto, mentre Blue Kiwi si allontana con una leggera
sgommata. Quella che per mesi è stata un riparo contro pioggia e
vento, un letto per la notte, un mezzo di trasporto, un magazzino...
Non mi appartiene più. Guardo le banconote nella mia mano destra, le
soppeso. “Forse dovrei contarle” penso. Rialzo lo sguardo e vedo
Blue Kiwi avvicinarsi di nuovo, in retro marcia. “Ti serve un
passaggio da qualche parte?” dice Mac. Neozelandese fatto e finito,
non solo nell'abbigliamento.
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